di Marta Matteini

È da poco uscito un libro che sembra riflettere in pieno i toni di questo numero. Si intitola Atlante delle emozioni (Bruno Mondadori) e la tesi dell'autrice, Giuliana Bruno, studiosa napoletana che insegna ad Harvard, è la seguente: qualsiasi percezione del mondo fisico e architettonico è filtrata dalla nostra personalissima geografia interiore, un fitto intreccio di sensazioni, memorie e ricordi.

Allora, se volessimo divertirci a "leggere" Rosanova in questa chiave potremmo azzardare che l'articolo sull'Autunno in Corsica è un omaggio all'innocenza perduta, a un'essenzialità di modi, di gesti e di desideri che fatichiamo a ritrovare. Con la scusa di raccontare un paesaggio mediterraneo assolutamente unico che raggiunge il massimo splendore quando altrove tutto si spegne, Guido Giubbini rievoca un turismo ormai perduto (o quasi) in totale fusione con la natura, ricordo di tante vacanze lontane. E chi non ha mai visitato la terra corsa come me è tentato di imbarcarsi al più presto, facendo in modo di andarci solo fuori stagione.
Restando nel Mediterraneo, approdiamo poi nel Peloponneso con Thanatos e Agàpe che racconta il convento femminile ortodosso di San Giovanni Battista a Koròni. Qui l'emozione dominante potrebbe essere la pace interiore che invade anche i viaggiatori più scettici mentre camminano tra viti, olivi, mandarini e le cappelle sulle mura medievali del villaggio. Nonostante i teschi delle monache defunte siano in piena vista, non c'è nessuna inquietudine perché il silenzio e la vista spettacolare sulle isole circostanti riempiono di felicità.
La meraviglia dello sguardo non manca neanche nell'articolo su An Cala, ma qui il termometro emotivo si impenna perché siamo sulla costa occidentale delle Highlands scozzesi, scenario labirintico, aspro e mutevolissimo. Nebbie, nuvole, tempeste e raggi di sole si alternano veloci come le onde che si addentrano nei fiordi. E quando viene citato il Gulf of Corryvreckan, noto come il Maelstrom scozzese, uno dei tre più grandi del mondo, torna subito in mente lo straordinario racconto di Edgar Allan Poe, "The Descent into the Maelstrom", in cui il narratore, un marinaio norvegese, descrive la discesa nel vortice della marea. Come ad An Cala i colori contrastanti, le raffiche di vento, la potenza degli elementi creano un clima di fascinazione terrificante, molto vicino al "terror of the soul", fine ultimo della scrittura di Poe. Le emozioni si placano di nuovo quando approdiamo agli articoli su due giardini, uno vicino a Roma e l'altro nei pressi di Pordenone. Il primo, opera di Gabriella Recrosio, architetto, evoca leggerezza e rarefazione per la sapiente fusione di elementi del giardino inglese e di quello orientale. Una perfezione formale composta attraverso le stesse strutture di alberi, cespugli, radure, roseti e scorci inattesi. Il secondo, il jardin de charme di Ivano Rovere ad Arzene, accoglie più di cento palme, insieme a mirti, banani, capperi e fichi d'India. Sono state acclimatate sfidando i clima friulano in un mezzo ettaro di terreno che un tempo era solo orto. Ma non mancano le rose, centinaia, in una grande radura. Poi querce, cipressi, aceri e magnolie. E presto ci sarà anche "il posto delle ortensie". La gamma di stati d'animo qui si infittisce, si complica. Ognuno assapori quello che lo tocca più da vicino. Buon anno!