di Marta Matteini

Già in passato Rosanova ha fatto luce su interpretazioni controverse riguardanti luoghi di pregio storico-architettonico o le origini di determinate specie botaniche. In questo numero, però, l'apporto critico è particolarmente vivace e ha il ritmo incalzante delle indagini poliziesche. Avvincente mi sembra l'aggettivo più appropriato per descrivere, per esempio, l'articolo sulla celebre Peonia di Joseph Rock, scoperta appunto dal botanico Josef Franz Karl Rock nel 1925 nel Gansu meridionale, all'interno della lamasseria del principe di Choni. Come nelle migliori detective stories, nel corso degli anni sono stati individuati alcuni presunti esemplari di questa specie spontanea. Matteo La Civita, con un'attenta ricostruzione storica che non risparmia il colpo di scena, spiega che si trattava di "falsi" e svela dove si possono contemplare le uniche peonie generate dai semi raccolti da Rock.

Un'altra investigazione storico-botanica compare nell'articolo di Anna Kauber sui giardini di Alcatraz, l'isolotto roccioso nella Baia di San Francisco su cui sorge il celebre penitenziario, edificato nel 1911 e chiuso nel 1963. Terrazzamenti e serre traboccanti di fiori non solo resero più "vivibile" un luogo inospitale come quello, ma si rivelarono anche un efficace mezzo "rieducativo" per i detenuti, anticipando di oltre un secolo alcuni carceri modello di oggi. Oggi, quei novantuno ettari di giardino stanno ritornando all'antico splendore su iniziativa del Garden Conservancy, il Golden Gate National Parks Conservancy e il National Park Service, e grazie a 117 volontari che hanno fatto risorgere più di trecento specie di piante. Qui, l'indagine riguarda la Rosa di Alcatraz, anch'essa dalle origini controverse. Per diradare il mistero, Kauber fa riferimento a un roseto storico del Galles e da lì intreccia un'altra avvincente narrazione non priva di climax.

Dai misteri passiamo, poi, ai miti da sfatare. Pregevole, in questo senso, l'articolo di Guido Giubbini sui "Giardini nel Vicino Oriente antico", in cui si ripercorre l'evoluzione del giardino nei secoli per dimostrare quando sia recente il concetto di spazio pensato solo per il diletto, senza finalità pratiche. Da sempre luogo di produzione e di acclimatazione, nell'antico Egitto e nei territori assirobabilonesi il giardino comprendeva anche la ricostruzione di ambienti naturali diversi da quello originario. Memorabili i giardini pensili di Babiblonia, sulla cui veridicità si dibatte ancora, o la palude di Ninive. Altro mito da sfatare: che i giardini persiani abbiano dato origine al giardino quadripartito chahar bagh (= quattro giardini o quattro aiuole), considerato la matrice del giardino chiuso islamico, che poi tale non era, come si illustra nell'articolo.

Un'interessante viaggio nel Settecento lo regala l'articolo "Villa II Labirinto, sorridente castello per le favole d'Arcadia", in cui si parla del territorio bresciano dove, all'epoca, fiorirono molte residenze di campagna in forme rococò. E questa villa-castello, con torri e torrette, da metà Ottocento abitata sempre dalla stessa famiglia, conserva un'indubbia qualità scenografica e la vocazione agricola, nonostante si trovi vicino a un'area altamente industrializzata.

Per chiudere, un invito a non perdere il diario "intimo" di Daniele Mongera e Paolo Tasini che scandisce, nell'arco di venticinque anni, una fascinazione per il Monte Labbro, sull'Amiata. Un'immergersi e un perdersi in un paesaggio che, non a caso, viene definito spirituale